MINIERE D’ORO

Contrariamente a quanto si pensa, non è il Sudafrica il maggior produttore di oro. Qui, infatti, nei decenni scorsi si estraeva quasi il 20% di tutto l’oro del mondo e si stima che quasi metà dell’oro che circoli nel mondo sia stato estratto nella miniera di Tau Tona a circa 3 km di profondità, raggiungibile dagli stessi operai dopo oltre 2 ore di cammino. Tale miniera, tuttavia, con le sue 150 tonnellate annue produce oggi meno del 5% dell’intero ammontare annuo mondiale, ampiamente superata da luoghi difficilmente raggiungibili come le montagne del Perù (167 tonnellate annue) ed i noti bacini presenti in Canada (171 tonnellate annue) , Nevada (210 tonnellate) , Russia (272 tonnellate) , Australia (289 tonnellate) e sorprendentemente la Cina ,dove vengono estratte annualmente 429 tonnellate di oro (addirittura 464 nell’anno 2016).

La Cina è il più grande produttore mondiale di oro dal 2007.

E’ utile qui rammentare che nel mondo le circa 3.600 tonnellate di oro consumate solo per il 13% sono trasformate in oro da investimento (monete e lingotti 999%) . Il resto viene assorbito dalla domanda per le componenti elettroniche ed odontoiatriche, essendo notoria la considerevole conducibilità elettrica e termica del metallo prezioso. Un terzo del fabbisogno annuo viene estratto dai piccoli cercatori d’oro della Mongolia e del Brasile, i quali utilizzano il mercurio per separare l’oro dalla pietra, liberando nell’aria un gas altamente inquinante. Circa 900 tonnellate è invece, il quantitativo di oro ricavato dalle “scraps gold” , cioè i rottami d’oro recuperati da gioielli , polveri, filtri etc.

L’ONU da anni ha sollevato la questione dell’inquinamento derivante dal mercurio , i cui effetti non si riscontrano soltanto nell’accumulo nei tonni e nei pescespada, ma anche nei gravi danni che il mercurio provoca al fegato , ai reni e al sistema endocrino, tanto è vero che in Perù , dove vi sono numerose miniere a cielo aperto, l’aspettativa di vita è di soli 50 anni.

I garinperios lavorano immersi nel fango fino alle ginocchia e questo metodo di lavoro li espone a rischi notevolissimi, ulteriormente amplificati dal non infrequente uso anche del cianuro (metodo della cianurazione).

Da tempo immemorabile , in Australia, Thailandia e Nuova Zelanda, ma anche in America Latina, si cerca l’oro nei bacini alluvionali, attraverso la semplice tecnica del “panning”, ossia delle padelle con le quali si setacciano i detriti  nei fiumi, come abbiamo visto in tanti film. Molto più laboriosa e molto più profittevole è invece la ricerca effettuata nelle rocce, ove questo prezioso materiale spesso citato già nei testi egizi e nell’Antico Testamento (il vitello d’oro nel Libro dell’Esodo; i doni dei Magi a Gesù nel Vangelo di Matteo) si ritrova non in semplici pagliuzze o in granelli , ma in agglomerati detti pepite, spesso abbondanti in quelli che vengono definiti i “filoni”.

Si ritiene profittevole una miniera se essa ha un tenore di mezzo grammo per tonnellata (in taluni casi l’oro necessario per due fedi nuziali richiede una escavazione di oltre 100 tonnellate di roccia).

Attualmente le più grandi miniere d’oro sono ubicate in Australia (città di Kalgoorlie) , estesa su 8 km quadrati e visibile dallo spazio, in Indonesia (Montagne di Irian Jaya) a 4.000 m di altitudine, nel Nevada (Carlin Trend ,cui si deve l’80% di tutto l’oro americano) e la miniera di Johannesburg in Sudafrica, ove si trova il famoso tunnel Tau Tona , profondo 3 km sotto la superficie terrestre.