Diamanti colorati

I diamanti sono la forma allotropica del carbonio, tanto è vero che una semplice differenza nella disposizione degli atomi all’interno del reticolo cristallino genera la grafite, ossia la normale punta delle nostre matite. Ad una profondità di oltre 250 km nell’astenosfera sottostante la crosta terrestre, da oltre 3 miliardi di anni si formano queste piccole meraviglie della natura, di cui si parla sin dal 6.000 a.C. e che i Greci chiamarono “adamas”, nome che letteralmente significa “l’inconquistabile”. Questo nome, infatti, rivela la più nota peculiartà del diamante, ossia la massima durezza esistente, pari a due volte quella dell’acciaio e del ferro, a tre volte quella del platino e a quattro volte quella dell’oro. Nel 1896 il professor August Rosiwal della Univerità di Vienna riuscì a dimostrare, con una migliore accuratezza rispetto alla scala della durezza proposta da Mohs , che il diamante è 1166 volte più duro del quarzo, 800 volte più duro del topazio e ben 140 volte più duro del corindone , ovvero del rubino, minerale che lo precede nella scala di Mohs.

Si stima, a conferma della rarità dei diamanti, che se si potessero raccogliere in un unico luogo tutti i diamanti estratti nel corso degli ultimi duemila anni, non si riuscirebbe a riempire per intero una stanza di 4 metri cubi, considerando che il totale dell’estrazione annua è di circa 30 milioni di carati, per il 92% lavorati a Surat in India e poi in larga parte tagliati e dai 12.000 operatori presenti ad Anversa, in Belgio. Una stima del 2018, fatta da Ubi Banca, calcola in 1.357.485 tutti i diamanti circolanti nel mondo, aventi peso di almeno 1/3 di carato cadauno, cosiderando il 32% di questi in tagli meno richiesti, come il taglio “marquise” o il taglio “a cuore” e il 68% in taglio “rotondo a brillante”, probabilmente realizzato per la prima volta dall’orafo veneziano Peruzzi sotto il regno del Re Sole. Solo il 15% di questi diamanti può essere definito meritevole di certificazione e sigillatura e, grazie alla perfezione del taglio, all’assente fluorescenza e all’elevato grado di purezza e di colore, essere definito diamante da investimento, o meglio diamante da risparmio. A conferma della estrema rarità dei diamanti, si è calcolato che bisogna scavare almeno 10 tonnellate di roccia per recuperarne un carato. Più precisamente solo 1 diamante su 60 pesa almeno 1/5 di carato (0,20 ct.), solo 1 ogni 500 pesa almeno ½ carato (0,50 ct.) e solo 1 ogni 2.000 pesa almeno 1 ct.

Per reperire un diamante di colore D e privo di impurità, tecnicamente denominate “inclusioni”, bisogna vederne oltre 7 milioni.
Anche alla luce delle indagini delle Autorità Giudiziarie ,avviate dopo l’inchiesta dei giornalisti di Report (Rai3) dell’ottobre 2015 e culminate con pesanti sanzioni per alcuni operatori e praticamente tutti i maggiori Istituti di credito italiano, oggi il consumatore finale è finalmente stato reso edotto circa l’esistenza di un listino ufficiale che quantifica il valore dei diamanti in modo incontrovertibile e strettamente correlato sia alla quotazione del dollaro sia al variare del peso e delle qualità intrinseche della gemma stessa.( leggi articolo: Rapaport )

Taluni operatori del settore oggi trattano gli ancor più rari diamanti colorati, per la cui valutazione non è importante solo la purezza (clarity), il taglio (cut) o il peso (carat) , ma anche il tono e la quantità di luce nel diamante medesimo , la saturazione del colore e la uniformità dello stesso , tanto da determinare fino a 27 colorazioni differenti. La saturazione del colore definisce la profondità di quest’ultimo e, un po’ come avviene per il rubino o lo zaffiro nella classificazione effettuata dal laboratorio Gubelin, essa può essere definita “fancy”, “fancy intense”, “fancy vivid” etc. fino alla più scadente “dark”.
L’insieme di tonalità, saturazione e tono del colore ne determina la rarità e, conseguentemente, il costo. I diamanti colorati sono, pertanto, rarità tra le rarità e possono avere colori rosso, verde, rosa, giallo.

Dall’Australia e dal Sudafrica provengono i diamanti gialli, che si formano per la presenza di azoto nella struttura cristallina. I diamanti gialli sono i più richiesti dal mercato della gioielleria di altissimo pregio e sono anche i più abbondanti (sono oltre la metà di quelli colorati presenti in natura). Curiosamente nel 1876 un contadino di nome Charles Wood ritrovò un diamante giallo di peso pari a 16,5 carati mentre scavava un pozzo in un terreno che non era di sua proprietà. Egli lo conservò a lungo, credendo che fosse un topazio e, solo dopo qualche anno, sua moglie Clarissa lo vendette per un dollaro ad un certo Samuel B. Boynton di Milwaukee, il quale lo portò a Chicago dove fu stimato per 700 dollari dell’epoca. Tiffany acquistò da Boynton la gemma per poco più di 850 dollari per poi rivenderlo al noto banchiere Morgan, il quale ne fece dono al Museo Americano di storia naturale di New York. Tale diamante, denominato “Eagle”, fu poi rubato nel 1964 e tagliato in tante pietre più piccole per poterlo smerciare prima. Probabilmente tale gemma aveva avuto anche in passato una lunga storia in quanto, secondo gli studiosi, la sua origine era il nord del Canada ed era stato nei millenni trascinato, durante lo scioglimento dei ghiacciai, sino alle rocce del Wisconsin (tra il Michigan e il Minnesota), area geografica non particolarmente ricche di giacimenti di kimberlite.

Dall’Australia (miniera di Argyle) provengono gli altrettanto prestigiosi e durissimi diamanti rosa, i quali devono questa colorazione desueta ad una torsione del reticolo cristallino cagionata dalle alte pressioni del sottosuolo. Celebre resta il Graff Pink, del peso di 24,78 carati venduto nel 2010 dalla casa d’aste Sotheby’s per ben 46 milioni di dollari al gioielliere londinese Laurence Graff. Ben oltre i 50 milioni di dollari è la stima di valore di un altro rarissimo diamante rosa avente peso di 19 ct. in taglio rettangolare: giudicato di tonalità “Vivid” dal GIA, esso è stato battezzato Perfect Pink.
Solo 1 su 25.000 diamanti estratti è di colore verde. Queste gemme devono il loro colore alla esposizione a potenti radiazioni naturali per periodi lunghi anche decine di milioni di anni. Principalmente i diamanti verdi si trovano in Africa e in Sudamerica, regioni che, per la loro particolare stratificazione rocciosa, hanno prodotto anche altre gemme meravigliose, quali gli smeraldi colombiani e le famose acquamarine della miniera brasiliana Santa Maria.
Oggi nel Castello di Dresda, in Germania, è custodito un diamante naturale verde di 41 carati rinvenuto in India e incorporato nel 1768 in un prezioso ornamento di un copricapo per Augusto III di Polonia.

Dal Brasile e dall’Australia provengono infine i diamanti rossi, divenuti una vera moda per i collezionisti negli ultimi anni, insieme alla nota tanzanite. Si tenga presente che una stima della GIA indica che dal 1957 al 1987 non è stato estratto nessun diamante rosso in tutto il mondo.
Casualmente nel 1996 un contadino ritrovò in Brasile un diamante rosso in taglio rotondo a brillante dell’eccezionale peso di 13,90 carati e del valore stimato in oltre 8 milioni di dollari. Tale pietra fu successivamente tagliata in forma triangolare a brillante, detta trillion , avente peso pari a 5,11 carati.
Come per i diamanti colorati e come per le gemme di colore quali lo zaffiro, il rubino, lo smeraldo e l’acquamarina, è fondamentale per il cliente accettare in fase di acquisto esclusivamente pietre preziose corredate da certificazioni emesse dai più autorevoli Istituti gemmologici del mondo, ovvero il GIA, il Gubelin, l’IGI di Anversa e l’HRD.